“Le donne dovrebbero far parte del governo, secondo i dettami della Sharia“ dicono i talebani ma nessuno ci crede. E le attiviste afghane e pakistane reagiscono: “non possiamo stare a guardare un Paese che torna indietro di decenni, di secoli. Dobbiamo prendere posizione per proteggere le donne e le ragazze”
di Francesca Mulas
“L’Emirato Islamico non vuole che le donne siano vittime. Dovrebbero far parte del governo, secondo i dettami della Sharia”. La dichiarazione di Enamullah Samangani, membro della commissione cultura dell’Emirato islamico appena insediato in Afghanistan, vorrebbe rassicurare la popolazione afghana sulla sorte delle donne nel paese. Eppure in pochi credono alla promessa dei talebani, che in passato hanno messo in pratica il lato più crudele della legge coranica: segregazioni, punizioni, lapidazioni, annientamento totale dell’identità femminile e cancellazione di ogni libertà nello studio, nel lavoro, nello sport, nella socialità hanno segnato il governo talebano in Afghanistan nella fine degli anni Novanta, prima della sua caduta. Ora che i fondamentalisti islamici hanno ripreso il controllo della capitale Kabul, la preoccupazione sulla sorte di bambine, donne e ragazze è forte e tangibile. Tante sono le figure femminili che si stanno facendo portavoce di paure e speranze per il futuro del paese.
Fawzia Koofi: “I talebani non hanno paura di nessuno se non delle donne”
(AP Photo/Pavel Golovkin)
A iniziare da Fawzia Koofi, attivista per i diritti umani, ex vicepresidente del Parlamento afghano, candidata al premio Nobel per la pace nel 2020 e da tempo negoziatrice di pace tra il governo afghano e i talebani. Oggi quella trattativa è evidentemente fallita. “Non non so cosa accadrà a me, e non so cosa accadrà ad altre attiviste per i diritti delle donne, ad altre donne che sono a Kabul” ha rivelato Fawzia Koofi in un’intervista alla Cbc radio del 12 agosto scorso, in cui ha espresso anche grande dolore nell’indifferenza dei paesi che negli ultimi anni avevano promesso sostegno contro l’estremismo religioso e militare in Afghanistan. “Continuerò a rimanere in Afghanistan il più a lungo possibile – ha concluso Fawzia -. Ma nel frattempo, non so cosa mi accadrà domani, perché aerei e razzi B-52, le superpotenze, la NATO, nessuno è riuscito a sconfiggere i talebani. I talebani non hanno paura di loro. Ma hanno paura delle donne”.
Il premio Nobel Malala: “Non possiamo stare a guardare”
Ha fatto sentire la sua voce anche Malala Yousafzai, giovanissima attivista pakistana che nel 2014 ha ricevuto, appena diciassettenne, il premio Nobel per la pace. A soli 15 anni Malala è stata vittima di un’aggressione armata da parte di talebani, e nonostante le continue minacce ha proseguito il suo impegno in favore delle donne e delle ragazze vittime dell’estremismo islamico, e per il diritto dei bambini e delle bambine all’istruzione. “Stiamo vedendo immagini scioccanti – ha detto alla tv inglese Bbc– In Afghanistan la gente sta cercando di mettersi in salvo: c’è un’emergenza umanitaria in corso. Nel nostro mondo parliamo di progresso, di parità di diritti al di là del genere: non possiamo stare a guardare un Paese che torna indietro di decenni, di secoli. Dobbiamo prendere posizione per proteggere le donne e le ragazze, per le minoranze etniche e per la stabilità e la pace nella regione”.
Le lacrime della ragazza afghana
“Non contiamo perché veniamo dall‘Afghanistan. Moriremo lentamente nella storia”. Queste le parole di una giovane 23enne che ha postato un video sui social ripreso su Twitter dall’attivista e giornalista iraniana Masih Alinejad. “Il mio cuore si spezza per le donne dell’Afghanistan – ha aggiunto la giornalista, che pochi giorni dopo ha rintracciato la ragazza fuggita insieme alla famiglia in una località segreta e l’ha intervistata. – Il mondo li ha delusi. La storia scriverà questo”. Il video è diventato virale dopo essere stato rilanciato dallo scrittore di Kabul Khaled Hosseini.
L’attivista Phastana Durrani: “Non siamo state protette”
Negli ultimi giorni abbiamo visto spesso sui media il volto di Pashtana Durrani, direttrice della ong Learn che lavora sull’istruzione, la formazione e i diritti umani in Afghanistan. Molto attiva su Twitter, la giovane ha rivelato di essersi dovuta nascondere in una località segreta per paura delle ritorsioni dei talebani: “Gli Stati Uniti e gli amici occidentali – afferma in un video – non hanno fermato le offensive talebane contro i difensori dei diritti umani. Non siamo state protette, ora a Kandahar le ragazze che lavorano in banca o negli uffici commerciali vengono mandate a casa e viene chiesto loro di mandare i parenti maschi a sostituirle. Altre sono costrette a coprirsi il volto per non esser picchiate”.
La giovane sindaca: “Resto qui, non ho paura di morire”
Zarifa Ghafari
“Sono distrutta. Non so su chi fare affidamento. Ma non mi fermerò ora, anche se verranno di nuovo a cercarmi. Non ho più paura di morire”. Zarifa Ghafari è la prima sindaca donna del paese, a capo della cittadina di Maidanshah; nel 2020 ha ricevuto il premio dal Dipartimento di Stato americano International Women of Courage. Al New York Times ha dichiarato che i talebani “verranno per le persone come me e mi uccideranno. Sono seduta qui in attesa che arrivino. Non c’è nessuno che aiuti me o la mia famiglia. Sono con mio marito, non posso lasciare la famiglia e comunque dove andrei?”
Kabul, le donne sfidano i talebani armati
Quattro giovani donne hanno sfidato un gruppo di talebani armati oggi in una manifestazione di protesta a Kabul. Il video è stato postato su Twitter dalla giornalista Masih Alinejad che ha scritto: “Queste donne coraggiose sono scese in piazza a Kabul per protestare contro i talebani. Manifestano per i propri diritti, il diritto al lavoro, il diritto all’istruzione e il diritto alla partecipazione politica. Il diritto a vivere in una società sicura. Spero che più donne e uomini si uniscano a loro”.
Masih Alinejad
@AlinejadMasih
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17 agosto 2021