ESTERI
L’accusa alla Ue: «Mosca non c’entra con questa crisi, violati i diritti umani». Monito anche all’alleato Lukaschenko che minaccia lo stop del gas con nuove sanzioni Ue: «Danneggerebbe le nostre relazioni»
di Alessandra Muglia
Vladimir Putin sferza l’Europa schierata contro la Bielorussia ma al tempo stesso tenta di arginare l’irruenza di un alleato sempre più scomodo e ingestibile: Alexander Lukashenko.
Le azioni delle guardie di frontiera polacche contro i migranti accampati al confine bielorusso contraddicono gli ideali umanitari propagandati dai vicini occidentali, ha accusato il presidente russo in un’intervista tv. «Quando le guardie di frontiera e i militari polacchi picchiano i migranti, sparano sopra le loro teste, di notte accendono sirene e luci nei luoghi dove sono accampati, dove ci sono bambini e donne negli ultimi mesi di gravidanza… beh, questo non combacia molto alle idee umanitarie che sono alle fondamenta della politica dei nostri vicini occidentali», ha attaccato Putin.
Secondo lo «zar», le organizzazioni criminali che trafficano i migranti hanno sede «in Europa» ed è compito delle forze dell’ordine e dei servizi di sicurezza europei gestire il problema.
Quella dei migranti che Minsk ha ammassato al confine con la Polonia per creare difficoltà all’Europa è l’ultima tappa della crisi tra Bielorussia e Ue innescata dalla repressione delle proteste dell’estate 2020 contro il voto farlocco che ha reimposto Lukashenko. Crisi che si è poi riaccesa il 23 maggio scorso, con l’atterraggio forzato a Minsk del volo Ryanair diretto a Vilnius con a bordo Roman Protasevich, il giornalista schierato con l’opposizione bielorussa poi arrestato.
Putin da un lato bacchetta l’Europa per come sta gestendo questa crisi e si affretta a chiamarsi fuori, chiarendo che la Russia «non ha nulla a che fare» con quelle migliaia di migranti bloccati nel freddo gelido ai margini dell’Europa. Dall’altro lato sta tentando di mettere un freno a Lukashenko che alla prospettiva di nuove sanzioni Ue ha risposto con quella che gli sembrava il suo asso nella manica: minaccia di chiudere il gasdotto che «scalda l’Europa». Peccato che non sarebbe stato suo il gas a fermarsi ma quello russo.
Mosca, che invia buona parte del suo gas in Europa attraverso la Bielorussia, ha messo subito le cose in chiaro: «La Russia era, è e rimarrà un Paese che adempie a tutti i suoi obblighi nel fornire gas ai clienti europei». L’interruzione delle forniture di gas russo all’Ue costituirebbero «una violazione del contratto» e «danneggerebbe le relazioni fra la Bielorussia e la Russia» ha ammonito Putin nel corso dell’intervista, dicendo di sperare che «questo non accada».
Parole che segnalano il disagio del Cremlino per essere stato trascinato in una crisi non voluta: se l’obiettivo di Lukashenko in questa escalation è quello di costringere l’Ue a negoziare e ad abbandonare le sanzioni, il Cremlino sembra intenzionato a lasciare che l’Europa combatta direttamente con Lukashenko. Merkel e Lukashenko «sono pronti a parlarsi» per discutere della crisi dei migranti ha reso noto Putin che ieri ha parlato, per la seconda volta in pochi giorni, con la cancelliera tedesca.
Mosca ha sostenuto Minsk senza remore finché si è trattato di contrastare gli oppositori di Lukashenko, visti come troppo filo-occidentali. La svolta dell’Ucraina — uscita dall’orbita russa dopo la rivoluzione pro Europa del 2014 — incombe su Mosca, un’esperienza che il Cremlino è determinato a non ripetere. Ma con Lukashenko che vuole far da solo e alza il tiro, per Putin il rapporto con l’alleato sta diventando più oneroso che mai.