Un gesto di protesta contro le parole usate dal magistrato contro la categoria e, in particolare, rispetto alla riforma sulla prescrizione.
da AdnKronos.com-Pubblicato il: 01/02/2020 10:52
L’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano si apre con gli avvocati della Camera penale che lasciano l’aula del Palazzo di Giustizia quando prende la parola Piercamillo Davigo.
Gli avvocati della Camera penale si erano rivolti al Csm ritenendo inopportuna la presenza di Davigo, presenza invece rivendicata e sostenuta dai magistrati.
I legali hanno sventolato tra le mani un foglio con l’intestazione della Gazzetta Ufficiale e la scritta ‘Costituzione della Repubblica’ con riferimento agli articoli 24, 27 e 111.
C’è stato poi un “si vergogni” durante l’intervento: le urla erano però rivolte da uno dei presenti all’indirizzo di un avvocato che si era alzato in piedi e aveva esposto un cartello di protesta mentre Davigo parlava.
L’episodio è successo poco dopo la protesta dei penalisti contro il magistrato, che si è trovato costretto a interrompere l’intervento per poi ricominciare. La protesta contro il presidente della II Sezione penale presso la Corte suprema di Cassazione è stata bloccata dalla presidente della Corte di Appello, Marina Anna Tavassi: “Silenzio, altrimenti uscite dall’aula”.
ROMA
Nel 2019 nel distretto del Lazio “i processi prescritti sono stati 19.500 su un totale di 125.000, pari al 15%. Di questi 48% in appello (7.743) e 10% al Gip-Gup (7.300), 12% al dibattimento monocratico (4.300), 118 al collegiale (5%). La prescrizione colpisce maggiormente nei processi per cui c’è condanna in primo grado e quindi quasi uno su due a Roma in Appello”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nel corso del suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario. “L’elevato numero delle prescrizioni – aggiunge Panzani – è stato determinato dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto il tempo necessario per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso condizionato da vizi di notifica”. Per Panzani “questo però è il risultato del collo di bottiglia a cui si è ridotto l’appello. Il Ministero ha finalmente previsto l’aumento delle piante organiche delle Corti di appello: + 9 consiglieri a Roma e a Napoli. Per Roma significa 2.000 sentenze penali in più all’anno. Un progresso, non la soluzione del problema, anche se Roma in pochi anni è passata dalle 10.000 sentenze penali all’anno del 2014-2015 alle 16.000 del 2019, con un aumento, al netto delle sentenze di prescrizione, di 3.000 sentenze penali all’anno”.
Per il presidente della Corte d’Appello, “la battaglia per risolvere il problema della prescrizione può essere vinta” potenziando “adeguatamente le Corti e per porre rimedio all’arretrato che si è accumulato, per i reati minori, un’amnistia mirata”. Lo afferma il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani, nella relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Per l’alto magistrato “sospendere la prescrizione non serve a nulla. Significa soltanto accumulare i processi senza che ci siano le risorse per farli. L’impegno del Ministero per assumere personale ( gli uffici hanno scoperti di personale amministrativo del 20-30%) non possono essere sufficienti e tempestivi. I vuoti di organico dei magistrati richiedono al ritmo attuale cinque anni di concorsi per essere colmati”. Per Panzani “sospendere i processi senza farli significa ledere in modo irreparabile diritti fondamentali ad un processo equo e tempestivo, evitando che la pena venga irrogata e scontata dopo che è passato troppo tempo dal fatto e quando ormai ha perso gran parte del suo significato”.
Il procuratore generale facente funzione della Corte d’Appello di Roma, Federico De Siervo, nella sua relazione afferma che è “confermata la presenza di un significativo numero di organizzazioni criminali qualificabili ai sensi dell’art. 416 bis del codice penale, secondo lo schema interpretativo delle piccole mafie, elaborato dalla Corte di Cassazione negli ultimi anni. Quello che negli anni scorsi era apparso come un fenomeno criminale assolutamente innovativo, ma ancora in fase iniziale ha trovato nell’ultimo periodo plurime importanti conferme, sia a livello investigativo che processuale. Accanto alla vera e propria novità della presenza di organizzazioni mafiose di matrice autoctona – aggiunge –, opera una composita galassia criminale, tanto nutrita quanto pericolosa, fatta di singoli o gruppi che costituiscono altrettante proiezioni, in senso ampio, delle organizzazioni mafiose tradizionali, della ‘ndrangheta, innanzitutto, di diversi gruppi di camorra, ma anche di Cosa Nostra”. Per De Siervo “le organizzazioni criminali tradizionali (soprattutto ‘ndrangheta e camorra) da lungo tempo acquisiscono, anche a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali nei quali impiegano ingenti risorse economiche provenienti da delitti. In tale ambito le organizzazioni mafiose non hanno dovuto impegnarsi nel contendere l’egemonia” e “di conseguenza, nel Lazio e soprattutto a Roma, in linea di tendenza, non hanno operato secondo le più consuete metodologie, cioè attraverso comportamenti manifestamente violenti ma hanno cercato di mantenere una situazione di tranquillità in modo da poter agevolmente realizzare il loro principale obiettivo: la progressiva penetrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale del territorio, e soprattutto della Capitale, allo scopo di riciclare e reimpiegare con profitto capitali di provenienza criminosa”.
NAPOLI
Avvocati in manette contro prescrizione
Entrano in manette contro la riforma della prescrizione. L’Ordine degli Avvocati di Napoli, presieduto da Antonio Tafuri, protesta così in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Sono entrati ammanettati nella Sala dei Baroni, nel Maschio Angioino, dove si svolge la cerimonia, in aperta polemica con la riforma Bonafede.
REGGIO CALABRIA
Malore durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario a Reggio Calabria per il presidente della Corte d’Appello, Luciano Gerardis. Il magistrato, che dopo i primi soccorsi è comunque apparso vigile, si è accasciato al suolo mentre stava leggendo la relazione.
Subito è intervenuto il medico in servizio nella scuola allievi carabinieri dove si sta svolgendo la cerimonia che è stata interrotta. Dopo qualche minuto Gerardis ha voluto rientrare in aula, ma ha accusato un nuovo malore ed è stato portato in ospedale. Anche in questa circostanza il magistrato si è mantenuto vigile.
Il magistrato si è nuovamente sentito male mentre assisteva al prosieguo della cerimonia. Anche in questa circostanza è intervenuto il medico in servizio alla caserma allievi carabinieri “Fava e Garofalo”, dove si sta svolgendo la cerimonia, che ne ha disposto l’immediato ricovero in ospedale.
La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, che ha subito una nuova interruzione ed è poi ripresa con l’intervento del Procuratore generale Bernardo Petralia, si è poi conclusa con largo anticipo rispetto al programma previsto.
CATANIA
Quello “che si è concluso” è stato” “un ‘annus horribilis’ per la magistratura, avendo avvenimenti recenti e che hanno avuto grande eco nell’opinione pubblica, riproposto il dibattito sui valori morali e sui principi costituzionali che sorreggono l’indipendenza della magistratura”. Così il presidente della Corte d’appello Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell‘Anno giudiziario di Catania. “Il rischio di reazioni emotive e di valutazioni affrettate del tutto scontate – osserva Meliadò – in una società che privilegia la velocità della comunicazione rispetto ai tempi della riflessione non ha impedito, tuttavia, che si avviasse su questi temi una discussione che, nonostante luci e ombre, ha cercato di distinguere tra quelli che sono i valori di fondo – e come tali irrinunciabili – dell’autogoverno e del pluralismo ideale ed organizzativo della magistratura e le esigenze di rinnovamento che, attraverso la scrittura di nuove regole, possono migliorare la capacità della magistratura di articolarsi come potere diffuso, ma non gerarchico, potere responsabile, ma soggetto solo alla legge, sollecitando – sottolinea il presidente della Corte d’appello di Catania – l’inclinazione di ogni magistrato ad essere, in ogni momento della vita professionale, ‘senza timore e senza speranze’, per come ha voluto la Costituzione Repubblicana”.