Negli ultimi anni il peso delle inadempienze probabili è cresciuto notevolmente, superando le sofferenze e raggiungendo il 51% degli Npl lordi. Quanto ai flussi di default, pur se in aumento, dovrebbero rimanere al di sotto di quelli raggiunti con la crisi dei debiti nell’area dell’euro nel 2011. Da un alert a un altro: la Bce ha sollevato obiezioni sul Piano Ue di allentare le norme bancarie.
da del 25/03/2022 13:25
di Francesca Gerosa
La gestione degli Npl diversi dalle sofferenze, quasi interamente rappresentati da inadempienze probabili, apre nuove sfide per le banche italiane. Il monito arriva da Banca d’Italia nella sua indagine, pubblicata nella collana “Note di stabilità finanziaria”, che ha permesso di raccogliere informazioni sui presìdi organizzativi e sui processi interni relativi alla gestione di questa tipologia di crediti deteriorati, consentendo di individuare best practice, alcune delle quali risultate “molto diffuse”, altre, invece, riscontrate solo presso “poche banche e che andrebbero, invece, maggiormente estese”. L’indagine è stata realizzata nel 2020 con una rilevazione presso tutte le banche significative italiane e tre banche meno significative che detenevano l’83% delle inadempienze probabili lorde del settore.
D’altra parte, l’aumento dei non performing loans (Npl), avvenuto durante lo scorso decennio, ha portato il supervisore a richiedere alle Banche di gestire in modo proattivo questi crediti, spingendole a migliorare i processi di gestione e monitoraggio e a sviluppare procedure di supporto dedicate; la gestione degli Npl ha dunque beneficiato dei progressi operati dalle Banche che hanno rimosso numerose carenze riscontrate in passato. Tuttavia, i progressi si sono principalmente osservati per crediti classificati come sofferenze, per i quali sono in corso procedure di insolvenza e che le banche gestiscono in ottica liquidatoria.
Invece, la gestione degli Npl diversi dalle sofferenze, quasi interamente rappresentati da inadempienze probabili, i crediti Utp secondo l‘acronimo della definizione inglese, “apre nuove sfide per le banche. Nel corso degli ultimi anni”, ha rilevato, “il peso delle inadempienze probabili è cresciuto notevolmente, superando le sofferenze e raggiungendo il 51% degli Npl lordi. Questi crediti sono contraddistinti da modalità di gestione differenti da quelle delle sofferenze e il loro mercato al momento non è ancora pienamente sviluppato”.
Quattro le buone prassi per la gestione degli Utp che molte banche italiane ancora non adottano. La prima riguarda i meccanismi incentivanti legati alle performance di gestione delle inadempienze probabili. La seconda è la periodica valutazione dell’adeguatezza, quali-quantitativa, delle risorse dedicate alla gestione di tali posizioni.
In prospettiva, ha avvertito Banca d’Italia, “con l’atteso aumento delle esposizioni inadempienze probabili, a seguito del venir meno degli interventi pubblici di sostegno, le banche potrebbero non per essere in grado di gestire un aumento repentino di queste posizioni”. La terza, i controlli strutturati di secondo e terzo livello specifici sulle inadempienze probabili; la quarta è una maggior proattività nella gestione e nel monitoraggio di queste posizioni che molto spesso avviene “solo in caso di anomalie o in occasione della periodica revisione della posizione e si basa soltanto sulla verifica del rispetto dei piani di ristrutturazione”
Quanto ai flussi di default, pur se in aumento, “dovrebbero rimanere ben al di sotto di quelli raggiunti durante la crisi dei debiti nell’area dell’euro, nel 2011”, ha sottolineato Banca d’Italia, precisando che una stima sui flussi di nuovi Npl nei prossimi mesi è ancora prematura e molto dipenderà dalla velocità di uscita dalla fase di difficoltà. La sfida che dovranno affrontare le banche, ha messo in evidenza la banca centrale, è “difficile” anche in considerazione del calendar provisioning. Comunque, le nuove regole sulla definizione di default, entrate in vigore da oltre un anno, “nonostante i timori manifestati da banche e associazioni di categoria, non hanno al momento prodotto variazioni apprezzabili dell’ammontare di Npl”, ha precisato.
Al contempo, il flusso di nuovi Npl in rapporto a quelli in bonis è rimasto contenuto. Nel terzo trimestre dello scorso anno è sceso all’1,1% grazie alle politiche di sostegno a famiglie e imprese e alla ripresa dell’attività economica. Nel 2020 le cessioni di Npl sono ammontate a circa 30 miliardi, un valore superiore a quanto inizialmente preventivato dalle strategie di riduzione degli Npl delle stesse banche. Inoltre, a giugno 2021 l‘Npl ratio si attestava al 4%. Anche grazie all’azione delle Autorità di vigilanza, è “sensibilmente” migliorata la qualità delle basi dati analitiche sottostanti questi portafogli e si è sviluppato un mercato secondario degli Npl che ne ha permesso una forte accelerazione nello smaltimento.
Da un alert a un altro. Oggi la Bce ha sollevato obiezioni sul Piano Ue di allentare le norme bancarie. In particolare, l‘Istituto Centrale Europeo ha detto che le banche non dovrebbero avere margine di manovra nel modo in cui contabilizzano le loro esposizioni sugli immobili residenziali, i derivati e le società senza rating quando calcolano il loro requisito patrimoniale minimo, noto come “output floor”. Queste deviazioni non sono giustificate”, ha affermato la Bce in una presentazione. “Dovrebbero almeno rimanere temporanee”. I pareri della Bce non sono vincolanti, ma spesso influenzano il processo legislativo portato avanti da Commissione Ue, dal Parlamento europeo e dagli Stati membri.