Il mercato sta premiando il titolo senese, dopo che è ritornata in scena l’ipotesi di un breakup. Gli analisti fanno il punto sulle cause, sulla solidità patrimoniale e sulle perdite in capo agli azionisti. Il ruolo di Unicredit e delle Dta che possono essere usate una sola volta
da del 28/05/2021 13:00
di Elena Dal Maso
Il titolo Mps oggi viaggia in netta controtendenza e con un Ftse Mib anemico che cerca di consolidare quota 25.000 il titolo senese balza del 7,71% a 1,27 euro (poi ritraccia a +5,83%) per 1,3 miliardi di capitalizzazione.
Al mercato piace l’idea che il problema Siena sia risolto. Secondo ipotesi di stampa, infatti, tra i vari adviser coinvolti nella partita per il futuro dell‘Istituto, sta riprendendo piede l’idea di uno spezzatino, dal momento che il Monte risulterebbe troppo complicato da gestire con un’unica controparte.
Da un lato la banca fatica a stare in utile e ha bisogno di 2,5 miliardi di ricapitalizzazione (a meno che non si sposi bene), dall’altro sull’Istituto gravano 10 miliardi di cause. E questo punto è uno dei più complicati da risolvere. E poiché il boccone risulterebbe troppo grande per un singolo acquirente, oltre a Unicredit, da tempo indicata come candidata principale a rilevare Mps, l’operazione potrebbe allargarsi al Mediocredito Centrale (controllato a sua volta dallo Stato come Mps, si è già detto favorevole), Banco Bpm, Bper, fino a Poste Italiane.
Oggi Equita Sim, che su Mps ha il rating hold e il target price a 1,2 euro (su Unicredit è hold, target 10,6) ricorda che in particolare il Mediocredito, come da indiscrezioni emerse nelle scorse settimane, potrebbe rilevare le filiali di Siena nel Sud-Italia, mentre gli altri operatori spartirsi quelle nel Centro-Nord. Gli analisti ritengono che questo scenario “sia consistente con la volontà di creare una cornice finalizzata a risolvere il tema Mps che veda Unicredit quale cardine dell’operazione”.
La Sim milanese aggiunge che sarebbe da valutare l’entità dei vincoli antitrust per capire gli spazi di intervento degli altri operatori, con Sicilia, Toscana, Veneto fra le Regioni in cui potenzialmente un’operazione fra la Banca milanese e quella toscana potrebbe far sorgere rilievi regolatori, “specialmente nel caso in cui Unicredit decidesse di muoversi anche sul fronte del Banco Bpm”. Un’operazione di sistema così strutturata, scrive Equita, permetterebbe a Unicredit di agire con “flessibilità nel processo di consolidamento di settore e al Mef di ottemperare agli impegni con la Ue riguardo la cessione del controllo di Mps” entro fine 2021.
Gli analisti di Bloomberg Intelligence Unit mettono però in guardia oggi che un Cet 1 ratio al 10,4% in capo a Mps suggerisce che l’aumento di capitale dovrebbe avvenire prima di un merger e che 2,5 miliardi servirebbero non solo per rafforzare i requisiti patrimoniali ma anche per finanziare la ristrutturazione successiva all’operazione di fusione.
Dal canto suo, Banca Akros sottolinea che, “sebbene uno spezzatino di Mps possa effettivamente accelerare la privatizzazione, questo fatto lascerebbe gli attuali azionisti di maggioranza e di minoranza di Siena con una sostanziale perdita di capitale”. Inoltre, ricordano gli analisti, “la copertura completa dei rischi legali della banca è da considerarsi quale prerequisito per qualsiasi operazione di M&A”.
Gli analisti di Intesa Sanpaolo puntualizzano che non vedono senso industriale far acquisire parte delle quote di Mps dalle Poste e condividono l’idea con Banca Akros che il capitolo controversie legali dovrebbe essere risolto prima della chiusura delle negoziazioni fra le parti. I broker spiegano che Unicredit da sola ha una quota di mercato del 12% nel Mezzogiorno e del 13% nel Nord-Est, che aumenterebbe al 19% in caso di potenziale integrazione con Banco Bpm.
Resta il fatto che se Unicredit si fa carico di parte delle Dta in capo a Mps, con relativi bonus fiscali da usare in un’operazione straordinaria, nel caso di un breakup della banca ne può utilizzare solo in parte, secondo quanto previsto dalla legge. E a quel punto non potrebbe sfruttare le Dta del Banco Bpm. Perché la norma prevede che le Dta vadano usate una sola volta. Intanto oggi Unicredit sale dello 0,35% a 10,4 euro, mentre Banco Bpm cede l’1% a 2,07 euro per azione.