Il blitz coordinato dal procuratore di Catanzaro Gratteri ha colpito quella che gli investigatori definiscono la criminalità organizzata internazionale. Tra i fermati anche un ex assessore regionale. Tre degli arrestati erano beneficiari del reddito di cittadinanza, mentre due imprese riconducibili ad altrettanti indagati destinatari del provvedimento di fermo hanno avuto accesso al “Fondo centrale di garanzia Pmi” perché le loro attività imprenditoriali erano “state danneggiate dall’emergenza Covid”
da di Lucio Musolino | 21 LUGLIO 2020
Associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di droga, riciclaggio, intestazione fittizia e corruzione. Tutti reati aggravati dalle modalità mafiose. Sono 74 gli arresti eseguiti dalla Guardia di Finanza tra l’Italia e la Svizzera. L’inchiesta “Imponimento” è scattata stamattina prima dell’alba quando gli agenti delle fiamme gialle hanno eseguito un provvedimento di fermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e dall’Autorità giudiziaria elvetica.
Tra i fermati c’è pure l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani. Abbandonata la politica nel 2013, l’ex esponente della giunta Scopelliti di centrodestra sarebbe oggi accusato di concorso esterno con la ‘Ndrangheta ed estorsione. Complessivamente sono 158 gli indagati dal procuratore Nicola Gratteri e dall’aggiunto Vincenzo Capomolla che hanno sequestrato beni per 169 milioni di euro. I sigilli sono stati applicati anche a tre villaggi turistici nelle zone di Parghelia e Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia, e nella zona di Curinga in provincia di Catanzaro. Strutture turistiche che, secondo gli inquirenti, sono a disposizione degli Anello-Fruci.
Tre degli arrestati erano beneficiari del reddito di cittadinanza, mentre due imprese riconducibili ad altrettanti indagati destinatari del provvedimento di fermo hanno avuto accesso al “Fondo centrale di garanzia Pmi” perché le loro attività imprenditoriali erano “state danneggiate dall’emergenza Covid”. Una di queste è stata sequestrata oggi dalla guardia di finanza.
Sono stati sequestrati, inoltre, 124 terreni, 116 fabbricati, 26 società, 19 ditte individuali, 84 automezzi, 2 moto e diversi rapporti bancari e finanziari. Il blitz ha colpito quella che gli investigatori definiscono la criminalità organizzata internazionale: 700 finanzieri del comando provinciale di Catanzaro e dello Scico hanno operato in contemporanea con la polizia giudiziaria federale di Berna. In manette sono finiti diversi esponenti della ‘ndrangheta calabrese operanti nel territorio che collega Lamezia Terme con il vibonese.
“L’operazione – è scritto in una nota stampa – è il frutto di anni di intenso lavoro investigativo svolto nell’ambito di una Squadra Investigativa Comune (Joint Investigation Team) costituita presso Eurojust tra magistratura e forze di polizia dei due Paesi, cui hanno aderito, per l’Italia, la Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro e Reparti della Guardia di Finanza (Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e S.C.I.C.O. di Roma) e, per la Svizzera, la Procura della Confederazione Elvetica di Berna e la Polizia Giudiziaria Federale di Berna”.
L’inchiesta ha ricostruito le attività criminale, sul territorio nazionale e all’estero, della cosca Anello-Fruci di Filadelfia che controlla tutto il territorio che collega Lamezia Terme alla provincia di Vibo Valentia. È una cosca che, stando alle indagini coordinate dal sostituto procuratore della Dda Antonio De Bernardo, non operava solo in Calabria ma aveva le sue proiezioni in Europa e in particolare in Svizzera dove gli interessi del boss Rocco Anello faceva arrivare grosse somme di denaro.
I principali referenti della cosca in territorio elvetico erano Carmelo Masdea (uomo vicino a Tommaso Anello), ma anche Marco Galati e Fiore Francesco Masdea che curavano gli affari riscuotendo le cosiddette “potature” (soldi). Non solo attività economiche ma anche il traffico di armi passava per la Svizzera, oltre confine. Gli investigatori hanno trovato e sequestrato un vero e proprio arsenale: fucili, carabine, kalashnikov, pistole di diversi calibri e munizionamento.
L’impianto accusatorio si fonda sulle intercettazioni telefoniche e ambientali registrate dalla guardia di finanza. Ma nell’ordinanza di custodia cautelare, infatti, ci sono pure le dichiarazioni di 29 collaboratori di giustizia che hanno consentito alla Dda di Catanzaro di delineare i profili della cosca in grado di muoversi agevolmente nel proprio territorio di competenza e, allo stesso tempo, lontano dalla sua locale di ‘Ndangheta conservando, nonostante gli arresti di boss e gregari del clan, il suo nucleo centrale ben saldo. La cosca Anello aveva direttamente e indirettamente la gestione e il controllo di attività economiche, in particolare nel settore turistico e immobiliare, deformando le logiche imprenditoriali che normalmente regolano i traffici commerciali di un’economia sana.
Al servizio della cosca c’era anche un sovrintendente della guardia di finanza, Domenico Bretti, fermato oggi dai colleghi che hanno eseguito il provvedimento di fermo disposto dalla Dda. In sostanza, Bretti era un informatore degli Anello ed è accusato di rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio. Tra le varie contestazioni, secondo i pm, il finanziere avrebbe informato i boss di un controllo della guardia di finanza che era finalizzato alla rimozione di una microspia che gli investigatori avevano piazzato nella Ford Fiesta di Giovanni Anello. Informazioni che, però, sarebbero state ampiamente ricompensate al sovrintendente Bretti che è accusato anche di concorso esterno con la ‘Ndrangheta. La cosca Anello, infatti, avrebbe sponsorizzato la ditta “Gardenia Marmi”, di cui il finanziere era di fatto titolare, che così avrebbe avuto accesso “alla spartizione oligopolistica e mafiosa di appalti e commesse nella zona”.
Il procuratore Gratteri e i suoi pm sono riusciti, inoltre, a documentare “summit mafiosi” tra gli Anello e i Mancuso di Limbadi, i Tripodi di Vibo Marina e i Lo Bianco-Barba. Oltre allo sfruttamento boschivo e del movimento terra, il core business della cosca di Filadelfia era il settore turistico. Ed è qui che, nell’inchiesta, vengono coinvolti l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani e suo fratello Emanuele, ritenuti concorrenti esterni della ‘ndrangheta poiché avrebbero rafforzato la sfera di influenza del clan, rendendosi parte attiva in condotte estorsive e favorendo la gestione dei servizi e delle forniture dei villaggi turistici.
L’ex assessore della giunta di centrodestra, prima con Chiaravalloti e poi con Scopelliti, era “l’uomo politico di riferimento del sodalizio”. “Gli Stillitani – è scritto nell’ordinanza – consentivano all’organizzazione di infiltrarsi e di avere voce in capitolo negli affari relativi alla gestione di strutture turistiche, concorrendo nelle condotte estorsive, favorendo l’affidamento di opere, forniture e servizi ad imprese contigue alla cosca, garantendo l’assunzione di sodali o di soggetti comunque indicati” dalla cosca a cui riconoscevano “un contributo in denaro in ragione delle attività imprenditoriali oggetto di tutela mafiosa”. In cambio l’ex assessore Stillitano otteneva “appoggio in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato attraverso plurimi accordi politico-mafiosi”.
Con l’inchiesta “Imponimento”, i pm sono riusciti a individuare anche diverse acquisizioni immobiliari: terreni, capannoni e immobili di pregio erano diventati di proprietà del boss Rocco Anello attraverso l’intestazione fittizia a terzi. Questo grazie al concorso di professionisti e a figure dirigenziali all’interno dei Comuni. Le truffe all’Inail, invece, rientravano in un meccanismo collaudato da Nazzaremo Bellissimo con il concorso di un dipendente dell’Inail (pure lui indagato): false assunzioni che consentivano ad alcuni esponenti della cosca di usufruire dell’indennizzo per supposti incidenti sul lavoro.