Monica Cirinnà, il fratello Claudio tra gli arresti del clan camorrista Senese Sequestrati i ristoranti Da Baffo
Circa 200 fra finanzieri e poliziotti impegnati nell’operazione «Affari di famiglia»: sequestri di beni e aziende per circa 15 milioni di euro. Custodia cautelare per 28 esponenti dei Senese. Cirinnà non aveva legame con il clan, ma una vittima in comune
da di Fulvio Fiano e Ilaria Sacchettoni e Redazione Roma
Maxioperazione coordinata dalla Dda di Roma contro 28 esponenti della famiglia Senese stamane all’alba. Un’indagine che svela la penetrazione della camorra nel tessuto economico della Capitale e del nord Italia. Ai domiciliari va anche l’imprenditore Claudio Cirinnà, fratello di Monica, senatrice del Pd. Che si dice «addolorata e sconvolta». Non è legato ai Senese ma aveva una vittima in comune con il clan. È accusato di usura, estorsione e autoriciclaggio ed è proprietario di un Bed and breakfast in viale Giulio Cesare. «La vastità di Roma consente più di ogni altra città alla criminalità di nascondere i suoi investimenti», spiega il capo della squadra mobile, Luigi Silipo.
Questo il commento di Monica Cirnnà sul coinvolgimento del fratello: «Apprendo con amarezza e dolore che mio fratello sarebbe coinvolto in un’inchiesta giudiziaria. So pochissimo della sua vita travagliata, benché abbia sempre cercato di aiutarlo a mettere sulla giusta via la su a esistenza. Il fatto che avesse accolto in casa nostro padre novantenne mi aveva fatto sperare in un ravvedimento. Se così non fosse ne sarei addolorata e profondamente delusa. Mi auguro che la sua posizione venga chiarita al più presto. Per quanto mi riguarda considero la responsabilità penale personale, così come personale è il dolore che provo in questo momento».
Latitante dal 2015, già colpito da un ordine di arresto per associazione a delinquere finalizzata al contrabbando di gasolio, Claudio Cirinnà, fratello della senatrice Pd Monica, incorre in un nuovo capitolo giudiziario. Stavolta la direzione antimafia capitolina lo collega al nome di Michele Senese: Cirinnà finisce agli arresti assieme a Michele, Angelo e Vincenzo Senese ai quali si contestano vari reati fra i quali il riciclaggio di denaro. L’accusa nei suoi confronti è di usura ed estorsione. Cirinnà si sarebbe fatto consegnare da un piccolo imprenditore Antonio Leone «interessi superiori al 10% mensile» su un prestito di denaro. L’ordinanza di esecuzione degli arresti, notificata dai finanzieri del nucleo di polizia economico valutaria, è chiara: «nonostante si trovasse in stato di latitanza (Claudio Cirinnà, ndr) si presentava presso l’abitazione di Leone intimandogli la consegna della somma di 60mila euro minacciandolo che in caso contrario avrebbe dato corso a violenza nei suoi confronti e dei suoi familiari».
Militari del Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di Finanza e agenti della Squadra mobile di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Roma nei confronti di 28 esponenti ritenuti responsabili di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso agevolando la galassia criminale della camorra campana.
Nell’operazione «Affari di famiglia», circa 200 fra finanzieri e poliziotti hanno confiscato beni e aziende per circa 15 milioni di euro, con perquisizioni nelle province di Roma, Napoli, Verona, Frosinone, L’Aquila. Tra i beni sequestrati c’è anche la nota catena dei ristoranti «Da Baffo», il caseificio romano «Oro bianco» oltre a società per il commercio all’ingrosso di abbigliamento (marchi Colmar e Disquared) a Frosinone, Verona, Milano, Brescia e Bergamo. «Una operazione strategica – la definisce il capo della Dda romana Ilaria Calò -. Michele Senese è uno dei fattori degli equilibri della criminalità romana, forte anche dei suoi legami con il potente clan camorristico Moccia di Afragola per il quale era inserito nella cosiddetta “squadretta della morte”».
A Napoli sequestrato un immobile da un milione di euro, quattro immobili a Cologno Monzese e una barca da diporto. Senese raccoglie l’eredità criminale del padre e la trasmette al figlio Vincenzo, ufficialmente nullatenente e arrestato in Puglia in un villaggio a cinque stelle. Le indagini della squadra mobile e del nucleo valutario della finanza ne hanno ricostruito la lussuosissima vita, tra moda e ristoranti di prima fascia nei quali spesso non pagava in forza dell’intimidazione suscitata dal suo cognome. Anche dal carcere Michele Senese continuava a impartire ordini facendosi aiutare anche dal fratello Angelo. Una rete che si avvaleva di prestanome, intestazioni fittizie, usura e riciclaggio. Contestata l’aggravante mafiosa.
«Tra i soggetti con cui Senese non vuole avere rapporti d’affari, viene esplicitamente citato “il lazialotto” che anche alla luce di quanto emerso è da identificarsi in Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, ucciso il 7 agosto scorso». Lo scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. Un indagato parlando con il figlio di Senese, Vincenzo, afferma: «Forse non hai capito, allora quello là ci volevo andare a parlare perché lui… c’ha diciamo il canale, cioè conosce qualcuno che c’ha i negozi là… solo per quello». E Senese risponde: «No, troppe persone dopo non mi piace più a me hai capito com’è?».
Sempre dalle intercettazioni emerge un discorso di Michele Senese con il figlio: «Vai là, dici: “papà sa tutto, glielo hanno mandato a dire…’dici papà sta come un pazzo». Un conversazione, scrive il gip, che «illustra esattamente i tratti “mafiosi” della famiglia, la quale continua a far capo a Michele Senese. Costui infatti anche dalla struttura penitenziaria governava e controllava gli interessi del gruppo dando disposizione perentorie, comunicando all’estero le intimidazioni a cui ricorrere per ricordare la sua potenza criminale».
7 luglio 2020 | 08:20