di Gianluigi Paragone
da Il Tempo del 13 DICEMBRE 2019
Non è stata una giornata facile quella di ieri al Senato. Io stesso mi sono ritrovato nella lotteria dei dissidenti con la valigia in mano; tanto che nel pomeriggio l’amico Franco mi aveva chiamato domandandomi se le voci di un mio passaggio alla Lega fossero vere. Cosa era successo? Semplice, coerentemente avevo dichiarato che mi sarei opposto a qualsiasi voto riguardante il famigerato Mes, che non fosse di contrarietà.
Onestamente non capisco perché tutto ciò che di critico riguarda l’Europa sia attribuibile di per sé alle forze guidate da Salvini e dalla Meloni. Non lo capisco perché se riprendo in mano il programma elettorale del Movimento – e in questi giorni l’ho dovuto e voluto fare ripetutamente – non posso non trovare un j’accuse netto verso l’architettura che sorregge questa follia chiamata Unione Europea. Che Salvini e la Meloni (lei più di lui, a onor del vero: la Meloni per esempio non ha mai aperto a Draghi presidente della Repubblica) abbiano rimarcato il loro perimetro non v’è dubbio. Che invece lo abbia fatto il M5S non posso dirlo: sembra quasi che abbiano paura di quel che avevano sempre dichiarato in passato senza se e senza ma contro il modello Ue. Cosa è cambiato?
Il programma elettorale è impregnato di critiche, tanto che si apre addirittura a «procedure tecniche, economiche e giuridiche che consentano agli Stati membri di recedere dall’unione monetaria», e questo basterebbe per smentire il presidente Conte quando in aula ha difeso la compattezza della famiglia europea. Ma quale famiglia europea? Di che parla Conte? Che razza di famiglia è quella che alimenta i forti (le multinazionali) e affama i deboli (i lavoratori); che pensa secondo logiche finanziarie e non secondo logiche sociali; che favorisce l’evasione fiscale a norma di legge e complica la vita alle piccole imprese? Ecco, questo mi sfugge.
«Ieri non si è votato il Mes», qualcuno mi ha fatto notare. È vero, perché il Mes già c’è e pure la sua riforma non sarà intaccata, lo sanno pure a Palazzo Chigi. Al limite si agisce sugli allegati ma lo spazio di interdizione non produrrà alcuna rivoluzione. Gli americani definiscono «elefante nella stanza» un problema troppo grande per non essere visto: ecco, l’elefante Mes è ben piazzato nella stanza e nessun pacchetto lo liquiderà (come invece è scritto nel programma del Movimento) o ne ridurrà la struttura ricattatoria che lo aveva ispirato e lo ispira tuttora.
Al M5S posso riconoscere la buonafede quando pensa di intaccarne l’aggressività, ma non posso non ricordare ai colleghi che è ora di affrontare il tema di fondo: quel programma elettorale con cui abbiamo vinto le elezioni vale o non vale più? Il bizantinismo tecnico di questi giorni è mortale, dicano sì o no rispetto a quanto promesso.
Se qualcuno teme il ritorno dell’uomo forte come rivelato dallo studio del Censis, mi permetto di far notare che saranno proprio le logiche euroinomani a favorirlo! Con il solito piglio eretico mi tocca dire che la squadra di governo in quota Cinquestelle (della parte piddina non mi interesso essendo lontana dal programma 5 stelle) sta sbagliando molto, perché è ancora piegata sulle logiche di bilancio «contenitive» imposte dall’Europa. Anche su questo aspetto il programma elettorale prevedeva altre logiche.
La manovra in discussione (oddio, in discussione… Diciamo pure in imposizione visto che il parlamento è stato tagliato fuori) lascia poche risorse a un miglioramento dei bilanci familiari. Io stesso mi sono visto escludere un emendamento che tagliava gli oneri di sistema delle bollette della luce – coperto dallo shift di una spesa già prevista – senza motivo; mentre nella stessa manovra ci ritroviamo non solo un articolo dove si rabbocca il fondo del Mes, ma pure un miliardo per le Olimpiadi invernali di Cortina e 50 milioni per la Ryder Cup su cui il Movimento fece un casino incredibile.
Certo, erano altri tempi e forse altri entusiasmi.