Depositate le motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano contro Profumo e Viola. Che replicano: “abbiamo garantito la sopravvivenza della banca”.
da del 07/04/2021 18:17
L’Organismo di Vigilanza ha assistito inerte agli accadimenti nella vorticosa spirale degli eventi, che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato. Sono queste le parole che i Giudici del Tribunale di Milano usano nelle motivazioni della sentenza, che ha condannato a sei anni Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, imputati come ex Presidente ed ex Ad di Mps. Motivazioni depositate oggi.
Per il Tribunale l’Organismo di Vigilanza, “pur munito di penetranti poteri di iniziativa e controllo, ha sostanzialmente omesso i dovuti accertamenti”.
Al centro della vicenda c’è il criterio di contabilizzazione a saldi aperti di Alexandria e Santorini, le operazioni in derivati che il nuovo Management ereditò dalla precedente gestione del Monte e che Chiuse nel triennio 2012-2015. In quel momento la modalità a saldi aperti con cui furono trattati i due prodotti non era in discussione e, anzi, venne adottata da Siena dopo un confronto con le Autorità di Vigilanza e sulla base di un Documento Congiunto di Banca d’Italia, Ivass e Consob. Ma proprio su questo aspetto ha acceso un faro la Sentenza di Milano.
Per quanto riguarda gli ex vertici dell‘Istituto senese controllato dal Tesoro dopo il salvataggio del 2017: è “ravvisabile un’intenzione d’inganno, giacchè tale era il fine che animava il Nuovo Management, ossia rassicurare il mercato in vista dell’incetta di denari che si sarebbe da lì a poco perpetrata con gli aumenti di capitale”. Non solo. Per i giudici “sussiste” un “ingiusto profitto, principalmente in favore della banca stessa, parsa navigare in migliori acque grazie al falso, che ne ha accresciuto la percezione di affidabilità”.
Nella decisione relativa al trattamento sanzionarlo, si sottolinea inoltre come “i fatti per cui si procede siano stati oggetto di una previsione originaria unitaria e di un medesimo disegno criminoso”.
Condotte la cui “gravità” di “singolare insidiosità e pure reiteratamente perpetrate, quanto a Profumo e Viola“, non possono consentire di concedere le attenuanti generiche, concludono i giudici parlando di una “spiccata capacità a delinquere”.
Le valutazioni contenute nel documento confermano sostanzialmente la linea emersa nel dispositivo che pure aveva suscitato scalpore nella comunità finanziaria. Occorre infatti ricordare che la Sentenza era arrivata dopo un’indagine durata anni, al termine della quale i PM titolari del fascicolo, Giordano Baggio, Stefano Civardi e Mauro Clerici, avevano chiesto per Viola e Profumo prima l’archiviazione e poi l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Immediata la replica dei due Top Manager, che chiederanno la revisione radicale della sentenza. “Nel 2012, su invito della Banca d’Italia, abbiamo assunto l’incarico di Presidente (Profumo) e di Amministratore Delegato (Viola) di Mps. Il quadro macro-economico era difficilissimo, per la crisi del rischio Italia, e la situazione della Banca disperata. Quindi è stata una scelta fatta per spirito di servizio e non certo per convenienza personale. In particolare, Profumo ha rinunciato al compenso per il suo incarico di presidente”. È quanto affermano Profumo e Viola, commentando le motivazioni della sentenza del tribunale di Milano. “In questo contesto – dicono – abbiamo garantito la sopravvivenza di Mps“.
Quanto ai prodotti derivati finiti al centro delle inchieste: “Vorremmo soffermarci ora sulle famigerate Alexandria e Santorini, il cui danno prodotto alla banca abbiamo fatto venire alla luce noi, non altri”, spiegano Viola e Profumo. “Come è noto, la condanna a 6 anni discende dalla nostra scelta di adottare, per le due operazioni, il criterio di contabilizzazione “a saldi aperti“. Ciò in continuità con le precedenti modalità di contabilizzazione e d’intesa con le Autorità di Vigilanza e Controllo. È appena il caso di ricordare – aggiungono – che una pena tanto severa mette di fatto sullo stesso piano noi, ovvero chi ha adottato un criterio contabile oggi in discussione ma non allora, e coloro che hanno distrutto quello che era il terzo Gruppo Bancario Italiano, condannati a poco più di 7 anni”.