‘Grandi manovre’ tra gli istituti dopo l’Opas di Intesa Sanpaolo su Ubi e l’interesse di Credit Agricole per il Credito Valtellinese. In pochi mesi il panorama bancario potrebbe cambiare faccia.
di Matteo Buffolo BANCHE RISIKO UNICREDIT MPS
da aggiornato alle 07:52 24 novembre 2020
© Flavo Lo Scalzo / Agf – La torre Unicredit a Milano
AGI – Come in un domino, le tessere del risiko bancario italiano stanno piano piano cadendo una a una. Dopo l’Opas che Intesa Sanpaolo ha lanciato su Ubi, aprendo la strada alle offerte non sollecitate, anche gli altri gruppi del credito tricolore si stanno muovendo per rafforzarsi; la prima mossa ufficiale è toccata però ai francesi del Credit Agricole, per cui l’Italia rappresenta il secondo mercato, che hanno messo nel mirino il Credito Valtellinese, di cui erano il primo socio.
Sullo sfondo, tuttavia, si intravedono già altre possibili operazioni, e in particolare quella fra Banco Bpm e Bper (l‘istituto milanese e quello di Modena avevano già cercato un matrimonio nel 2007), mentre si fa più intenso il pressing su Unicredit perché diventi il partner attorno a cui costruire la definitiva messa in sicurezza di una Mps ricapitalizzata e messa al sicuro dai rischi legali.
In pochi mesi, insomma, il panorama bancario italiano potrebbe cambiare rapidamente faccia: se fino a prima della crisi del Covid lo scenario vedeva due grandi gruppi e alcune banche medie alle loro spalle, ora, con i suoi 36 miliardi di capitalizzazione, Intesa Sanpaolo vale il doppio di Unicredit e oltre 10 volte la terza banca italiana, Banco Bpm.
Il nome a cui ruotano tutte le partite, però, rimane quello della banca più antica del mondo, il Monte dei Paschi di Siena.
Con la regia del ministero dell’Economia, che ne è diventato il primo socio con una ricapitalizzazione precauzionale e che, nonostante le divergenze politiche all’interno della maggioranza, vuole uscire dalla banca in linea con i tempi definiti all’epoca del salvataggio assieme all’Ue, Mps ha ripulito il bilancio dalla maggior parte dei crediti deteriorati, grazie a un’operazione con Amco, altra controllata del Mef. Al tempo stesso, tuttavia, questo non è stato sufficiente per rendere nuovamente appetibile la banca sul mercato: a frenare eventuali pretendenti rimangono infatti lo spauracchio delle cause, che vale circa 10 miliardi di euro, e la necessità di puntellare i coefficienti patrimoniali della banca, su cui pesano proprio gli accantonamenti per le vicissitudini legali e le perdite legate ai crediti deteriorati.
Per questo sono allo studio a Roma eventuali ‘incentivi’ per convincere un partner, che viene sempre più frequentemente individuato in Unicredit, specialmente dopo l’indicazione di Pier Carlo Padoan per la presidenza in vista del rinnovo del cda del prossimo anno, a farsi carico del Monte.
Sul piatto, secondo indiscrezioni, il governo sarebbe pronto a mettere, oltre alla conversione di 3,7 miliardi di ‘dta‘ in crediti fiscali, computabili quindi a patrimonio, anche una sterilizzazione dei rischi legali e un aumento di capitale.da 2,5 miliardi. “A queste condizioni secondo noi l’operazione sarebbe sostanzialmente neutrale/leggermente accresciuto sotto il profilo del capitale per Unicredit, nonché neutrale dal punto di vista del profilo di rischio in quanto verrebbero sterilizzate le componenti specifiche di Mps”, sottolineano gli analisti di Equita.
Sull’asse Modena-Milano, invece, i rapporti si sono rafforzati la settimana scorsa quando Carlo Cimbri, ad di Unipol, che è il primo azionista di Bper con quasi il 20% del capitale, ha definito un matrimonio con Banco Bpm come una prospettiva “affascinante”; l’apertura è stata subito recepita dall’amministratore delegato dell’istituto di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, che l’ha accolta “con piacere” prima ancora di scoprire di aver perso la possibile sponda dell’Agricole.