mercoledì, Settembre 16, 2020

Referendum, voterò Sì per tre motivi. Scrive il prof. San Mauro

Cesare San Mauro, professore di Diritto dell’Economia Università La Sapienza di Roma, spiega perché voterà Sì al referendum

da del  16/09/2020

Sono stato nel 1991 e nel 1993 Segretario Generale del Comitato per i Referendum Elettorali, i due Referendum che, introducendo il primo la preferenza unica e il secondo il maggioritario uninominale, cambiarono il volto del paese e, con Presidente Mario Segni, ma anche con il supporto di Augusto Barbera, Peppino Calderisi, Giovanni Bianchi, Marco Pannella, Alfredo Biondi, Vito Riggio, Bartolo Ciccardini e Stefano Ceccanti cambiarono il corso della storia politica italiana superando il proporzionale puro e introducendo un sistema elettorale europeo basato sul principio della scelta dei governanti direttamente da parte degli elettori.

In realtà il Comitato Referendario era al suo interno diviso tra chi, come Mario Segni e molto più modestamente il sottoscritto, propendeva per il modello ordinamentale francese con la elezione diretta del Presidente della Repubblica e il sistema uninominale con ballottaggio a doppio turno e chi, invece, con Marco Panella sosteneva il sistema elettorale inglese con l’uninominale e il principio del “who wins takes all”.

Su quel periodo storico si è molto scritto e molto bisognerà ancora approfondire, considerando che a mio avviso fu la spinta referendaria a cambiare il corso della Storia e non l’azione del pool della Procura di Milano.

A quattro anni dalla bocciatura infausta della riforma Costituzionale proposta da Matteo Renzi, che pur presentava, come naturale che sia, aspetti contraddittori, ma avrebbe comportato una forte accelerazione verso una maggiore efficienza e sostanziale democrazia del Paese, se si pensa soltanto alla scelta monocamerale alla netta ripartizione delle competenze tra stato e regioni, alla soppressione del Cnel e così via, ci troviamo domenica prossima davanti una scelta referendaria che incide pochissimo sul tessuto costituzionale, ma in cui le regioni, per votare sì prevalgono nettamente su quelle del no.

Io voterò sì per tre modesti motivi.

1) Quando nel 1963 fu fissato l’attuale numero di parlamentari non esistevano le Regioni e il Parlamento Europeo.

Lo Stato era al centro del potere legislativo. Con la riforma costituzionale del 2001 e il principio della sussidiarietà verticale molte competenze sono state attribuite alle Regioni con l’elezione diretta di 884 Consiglieri Regionali. Inoltre, in applicazione dell’art.11 della Costituzione, numerose competenze sono state cedute alle Istituzioni Europee e allo stesso Parlamento Europeo ove siedono 751 deputati di cui 76 italiani (che aumenteranno con il definitivo completamento del processo della Brexit).

2) Se vincesse il no alla modifica costituzionale per la seconda volta (dopo il no alla riforma Renzi) nessuno proporrà una riforma ordinamentale che tutti ritengono improrogabile. Anzi prevedo che si darà vita all’ennesima Commissione Bicamerale per le Riforme Istituzionali che non produrrà alcun effetto.

3) Ho promosso e votato Si al cambiamento nei Referendum Segni del ‘91 e del ‘93, ho votato Si al testo di Riforma proposto da Renzi quattro anni fa, così voterò domenica prossima senza farmi condizionare dal fatto che nello stesso modo voterà il Movimento 5 stelle, le cui tesi non ho mai condiviso in alcun punto.

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