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di Lunedì 17 Febbraio 2020
di Lorenzo De Cicco
Chi paga i rimborsi della Tari ai cittadini di Roma vessati dai disservizi? Non si sa. Il tema però si pone, dato che la Commissione tributaria di Roma ha appena dato ragione a un ristoratore che, dopo una lunga trafila legale, si è visto riconoscere il diritto a riavere indietro il 60% delle bollette versate tra il 2013 e il 2016. Potrebbe essere la prima tessera del domino a venire giù, dato che in migliaia, tra comitati di quartiere, associazioni di consumatori e semplici cittadini infuriati per i rifiuti non raccolti, preparano o hanno già presentato un ricorso per avere un indennizzo, a fronte dei servizi scadenti.
Non è chiaro però chi dovrà materialmente mettere mano al portafogli. Contattato, l’amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis, in carica da ottobre, ieri spiegava che la questione non riguarda l’azienda dei rifiuti: «Dal primo gennaio – dichiara il manager – il tema è di competenza del Comune, che gestisce materialmente gli incassi del tributo. Quindi anche una eventuale restituzione è materia che riguarda l’assessorato al Bilancio, non la municipalizzata che sotto questo profilo non corre alcun rischio economico».
LE PERPLESSITÀ
Insomma, paga il Comune? Da Palazzo Senatorio non ne sono affatto certi. Anzi. «È la partecipata ad essere parte in causa del contenzioso su cui si è espressa la Commissione tributaria, non l’amministrazione», trapela dal Campidoglio. Certo è che sono già stati attivati gli uffici dell’assessorato al Bilancio per dirimere la questione e molto dipenderà – sottolinea chi sta seguendo da vicino il dossier – dagli anni dei bollettini contestati. Se cioè si riferiscono al periodo in cui era materialmente l’Ama a incamerare gli introiti della tariffa dei rifiuti o se riguardano l’ultimo periodo, quando invece è stato il Comune a gestire gli incassi. «Per ora si tratta di un solo rimborso dichiarato legittimo dai giudici, meglio non fare allarmismi», dicono a Palazzo Senatorio. Ma la materia resta scivolosa e densa di insidie.
IL POOL
All’Ama non è mai entrata in carica la “task-force” che avrebbe dovuto studiare da vicino proprio i rischi delle azioni legali. La vecchia governance dell’azienda, capeggiata dal duo Luisa Melara-Paolo Longoni (entrambi dimissionari in autunno e rimpiazzati da Zaghis) aveva annunciato di voler affidare la guida del pool a Mario Cicala, ex presidente della Sezione tributaria della Cassazione. L’ingaggio del giudice avrebbe dovuto assicurare, spiegava l’ex ad Longoni, «una difesa ai massimi livelli dell’intangibilità del corrispettivo dovuto per la Tariffa dei rifiuti». Ma quella nomina non è mai andata in porto.
Zaghis, in ogni caso, non sembra preoccupato, perché appunto ritiene che il problema finanziario legato ai rimborsi sia affare del Comune e non della partecipata. «Noi ci concentriamo sul servizio – dice il nuovo au – nell’ultima settimana abbiamo incrementato lo spazzamento delle strade del 5%».
Nel frattempo i comitati dei residenti e altre associazioni studiano le mosse. Il verdetto della Commissione tributaria di Roma riguarda in particolare i difetti della raccolta porta a porta. «Il ricorrente – hanno scritto i giudici – si è visto costretto a provvedere autonomamente a raggiungere il più vicino punto di raccolta dei rifiuti, ossia i cassonetti su strada, distanti oltre 4 km dall’attività di ristorazione». Ora il titolare ha diritto a riavere almeno ottomila euro sui 14.845 sborsati dal 2013 al 2016.
Ultimo aggiornamento: 12:22