All’attuale prezzo del titolo, l’acquisizione dell’intera Tim da parte di Cdp può essere un’alternativa all’acquisto della sola rete. Ma ci sono troppe criticità in termini di valutazione, Antitrust, governance, debito pubblico ed elezioni | Opa in arrivo o semplici ricoperture?
da del 16/08/2022 11:35
di Francesca Gerosa
Scattano i realizzi sul titolo Tim (-1,21% a 0,2376 euro) a Piazza Affari. Lo scorso venerdì 12 agosto l’azione ha registrato un balzo del 6% in scia alle voci speculative secondo le quali Fratelli d’Italia (il partito di destra in testa ai sondaggi in vista delle elezioni politiche del 25 settembre) non vorrebbe che Cassa depositi e prestiti acquistasse la rete di Tim (come previsto dal percorso per la creazione della rete unica), ma vuole che Cdp assuma il controllo dell’intera azienda, il che implicherebbe un’acquisizione e quindi un’OPA sul 90% delle azioni non possedute del colosso tlc (5 miliardi di euro l’attuale capitalizzazione di mercato).
Successivamente Cdp venderebbe circa 30 milioni di clienti mobili e fissi di Tim alla concorrenza per circa 13 miliardi di euro e Tim Brasil per circa 4 miliardi di euro nel tentativo di dimezzare il debito della società. Il tutto mentre gli advisor di Cdp stanno esaminando un’offerta non vincolante per la rete di Tim nell’ambito dell’attuale piano di spin-off. Secondo Bloomberg, l’offerta potrebbe essere rinviata a dopo il voto. All’inizio di quest’anno, Tim e la Cassa hanno firmato un protocollo d’intesa per avviare il processo di creazione di una rete unica con Open Fiber. L’accordo coinvolge anche Kkr e Macquarie. La scadenza dell’accordo è fissata per il 31 ottobre prossimo.
Secondo alcuni il nuovo scenario sarebbe conveniente per Cdp, visto che le attività di Tim, esclusa la rete, potrebbero essere valutate circa 20 miliardi di euro (consumer più enterprise) e la partecipazione in Tim Brasil 4 miliardi di euro. Inoltre, nell’attuale scenario, secondo fonti di stampa, Cdp e Kkr/Macquarie potrebbero fare un’offerta per la rete fissa a 18 miliardi di euro in termini di enterprise value, decisamente meno dei 31-34 miliardi di euro richiesti dall’azionista principale di Tim, la francese Vivendi.
“Siamo d’accordo che, all’attuale prezzo del titolo, l’acquisizione dell’intera Tim da parte di Cdp possa essere un’opzione alternativa all’acquisto della sola rete”, hanno commentato gli analisti dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo (non coprono il titolo Tim con un rating). Tuttavia, “sottolineiamo che qualsiasi scenario presenta criticità in termini di valutazione degli asset, implicazioni Antitrust e governance. Ribadiamo, quindi, la nostra opinione che l’evoluzione del piano di break-up della Società, volto a ridurre strutturalmente la leva finanziaria del gruppo, rimanga fluida, considerando le attuali incertezze politiche”.
Il piano di Fratelli d’Italia fa acqua
In effetti, Equita Sim individua due difetti nel piano. Il primo: “Cdp dovrebbe sostanzialmente avere già un accordo con una terza parte pronta a rilevare gli asset esterni alla rete in modo da non aumentare il rischio Antitrust rispetto all’operazione sulla sola rete. Non è uno scenario irrealistico con Cvc che potrebbe essere interessata a partecipare all‘OPA, ma sarebbe comunque complesso”. Secondo: il rischio per Cdp di non raggiungere il controllo della società sarebbe piuttosto alto se Vivendi decidesse di non aderire con il proprio 24%”.
Senza contare il rischio per i conti pubblici italiani. Come spiegato da Francis Walsingham su Starmag, in base alle regole Eurostat, ribadite anche in una comunicazione della Commissione europea, in operazioni politiche come quella adombrata per Cdp si potrebbe arrivare a un consolidamento del debito. In sostanza, se finora la Cassa non rientra nel perimetro della pubblica amministrazione, in caso di OPA della Cassa su Tim chiesta dalla politica il debito di Cdp o parte di esso diventerebbe a tutti gli effetti debito pubblico. A questo bisogna aggiungere che Cdp non ha tutti i soldi necessari: a fine giugno data della semestrale, la Società controllata dal Ministero dell’Economia e partecipata dalle Fondazioni aveva un capitale disponibile di 1,4 miliardi di euro, non sufficiente per un‘OPA su Tim. La Cassa dovrebbe, quindi, essere ricapitalizzata dai soci, quindi dal Mef, azionista con l‘82,77%, e dalle Fondazioni che ne controllano complessivamente il 15,93%, ma non tutte hanno i conti in regola per farlo.
Per altro, secondo Equita Sim, qualsiasi decisione su Tim potrà avvenire solo a valle delle elezioni. “Il piano attuale ci sembra più lineare e già condiviso. Un’Opa da parte di Cdp avrebbe senso solo in caso di impossibilità a trovare un accordo sul valore della rete con il Cda di Tim o con Vivendi. In entrambi gli scenari, il titolo avrebbe un certo appeal speculativo con tempistiche non immediate, ma comunque ragionevoli e valutazioni speculative che sono espresse dal nostro target price a 0,39 euro per azione, costruito sullo scenario di realizzazione della rete unica. Il rischio principale rispetto allo scenario speculativo è che il Governo, che sarà nominato post elezioni, non sia interessato a portare avanti l‘ipotesi sulla rete unica, scenario che al momento non trova elementi di supporto”, ha concluso Equita Sim, cnofermando il rating hold sul titolo.
I disservizi di Dazn non preoccupano gli analisti
Nel frattempo, nel primo turno della stagione di Serie A 2022/23, la piattaforma Dazn ha nuovamente riscontrato diversi disservizi, che hanno provocato una richiesta di risarcimento danni da parte dei suoi abbonati e l’intervento di Agcom e Lega Serie A che hanno chiesto una soluzione urgente ai persistenti problemi tecnici. problemi tecnici. “Per quanto riguarda i disservizi di Dazn, riteniamo che un potenziale impatto su Tim, se ci fosse, sarebbe minore considerando la recente rinegoziazione del contratto e gli accantonamenti già effettuati nei conti del 2021”, hanno precisato a Intesa Sanpaolo.