venerdì, Aprile 8, 2022

Ucraina, con le brigate volontarie a Odessa: ‘libertà o morte’………

IL REPORTAGE:’Ero un medico ma oggi ci serve più saper uccidere che curare’

                                                          ESCLUSIVAODESSA

                                                                            dell’inviato Pietro Guastamacchia.

                                                          ANSA/ PIETRO GUASTAMACCHIA (Mykhailo)

Mykhailo ha la scritta pace tatuata sotto l’occhio destro mentre sul braccio porta una toppa con la scritta ‘Libertà o morte’ e la faccia di Nestor Machno, l’anarchico leader di un movimento contadino che negli anni ’20 coinvolse milioni di ucraini in un grande esperimento di autogestione libertaria contadina.

“Sono un anarchico e un pacifista”, spiega allANSA nel cortile della caserme delle Ter-Oborona, le brigate di difesa volontarie di Odessa.

Le Ter-Oborona hanno iniziato ad accettare volontari già da prima dell’inizio del conflitto, ma da quando sono iniziate a volare le bombe russe su Kiev le fila di queste brigate di volontari si sono ingrossate: tra loro molti ex soldati e personale con preparazione militare addestrano civili che fino a un mese fa non avrebbero mai pensato di imbracciare un Kalashnikov.

A queste brigate è affidata la difesa della città nel caso l’esercito regolare non dovesse riuscire a tenere la linea del fronte, per ora ferma da alcune settimane a Mykolaiv, a meno di 100 chilometri dalla città.   

Nella vecchia mensa del carcere i volontari servono borsch caldo ai soldati, a tavola si siedono due istruttori nome in codice Bars e Fox, fucile da precisione sul grembo. “Otto anni fa ho finito il servizio militare e ho giurato che le armi non le avrei più toccate, e invece ora eccomi qui e insegnare agli altri a sparare”, spiega Bars, il più anziano dei due, che racconta come “la sera che i russi hanno iniziato a bombardare non ci volevo credere, ci ho messo due giorni a reagire e ad arruolarmi nelle brigate dei volontari”. La mensa nel frattempo si riempie, arrivano altri ragazzi, uno ha la stella di David al collo e la scritta ‘Eretz Israel’, Terra d’Israele, in cirillico al posto della gruppo sanguigno. Non tocca il Borsch perché “vatti a fidare se è kosher…”.

 

Il secondo dei due istruttori, Fox, non si abbassa mai la maschera dal volto, scherza sul fatto che sia una misura anticovid e nasconde il suo volto alla telecamera: “Fino a pochi mesi fa ero radiologo ma oggi serve più saper uccidere che saper curare”, racconta. Fox ha imparato qualche parola di inglese, perlopiù bestemmie, giocando online a videogiochi di guerra su server americani, conosce i nomi di tutte le armi in inglese e i loro luoghi di produzione. “Qui a Odessa ci servono Javelin, NLaw, Stinger e ManPads, sono anticarro e anti aereo. Quelli che ci avete già dato hanno cambiato le sorti della guerra finora ma non bastano, ne servono di più, date un anticarro ad ogni soldato e se i corazzati russi provano a entrare a Odessa noi questo posto lo trasformiamo in un inferno”, conclude in inglese come fosse dietro allo schermo, ma in mano ha un mitra e non la tastiera.

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