Cristina Cassetti,virologa italiana, fa parte del team di Anthony Fauci: «Un miracolo essere arrivati a questo punto in pochi mesi. Ma per arginare la pandemia occorre una vaccinazione di massa»
da di Giuseppe Sarcina
Dal nostro corrispondente
WASHINGTON — L’annuncio di Pfizer «è un miracolo: non era mai accaduto di avere i primi dati sull’efficacia di un vaccino dopo soli 10 mesi di sperimentazione». È una notizia «molto incoraggiante e anche altre aziende farmaceutiche sono sulla strada buona: verso la fine del 2021 potremmo tornare a una sembianza di normalità», però, «calma, ci sono ancora molte cose da studiare. Per esempio l’effetto del vaccino sulle infezioni asintomatiche».
Cristina Cassetti è una delle figure chiave nel Niaid, l’Istituto di ricerca sulle allergie e le malattie infettive, con sede a Washington e guidato da Anthony Fauci. Nata a Roma, 51 anni, Cassetti è la vicedirettrice della Division of Microbiology and Infectious Diseases e fa parte del team che sovrintende ai cinque progetti di ricerca sul vaccino anti-Covid 19 finanziati dal Governo degli Stati Uniti. Nella lista non c’è Pfizer che ha però venduto in anticipo 100 milioni di dosi per 1,9 miliardi di dollari all’Amministrazione Trump.
Pfizer ha fatto sapere di avere testato un vaccino con un’efficacia al 90%. Siamo a posto?
«Calma. Pfizer ha esaminato i primi dati della fase tre, vale a dire la sperimentazione che coinvolge circa 40 mila persone. È un risultato eccellente. Anzi, direi che è un miracolo essere a questo punto dopo soli 10 mesi di lavoro. Adesso Pfizer completerà le verifiche e alla fine il tasso di efficacia potrà essere un po’ di più o un po’ di meno del 90%. Teniamo conto che il vaccino per la normale influenza di solito ha un’efficacia intorno al 40-60% e la Fda (Food and Drug administration, ndr) considererà per l’autorizzazione d’urgenza per vaccini contro il Covid solo quelli con un’efficacia superiore al 50%».
Stiamo correndo troppo con l’immaginazione, allora?
«La Fda ora revisionerà tutta questa massa enorme di dati; si consulterà con i vari comitati ed entro la fine di quest’anno potrebbe dare il via libera. Pfizer, però, come tutti gli altri, ha già iniziato la produzione. Avrà 30-40 milioni di dosi pronte, che significa poter immunizzare 15-20 milioni di persone, perché saranno necessarie due iniezioni».
D’accordo, la distribuzione del vaccino Pfizer avverrà con diverse ondate. A che punto sono gli altri?
«C’è Moderna, che ha cominciato la fase 3 della sperimentazione lo stesso giorno di Pfizer, il 27 luglio 2020. Ma per il momento non ha ancora comunicato nulla. Ci aspettiamo che dicano qualcosa entro pochi giorni. Poi abbiamo Janssen (cui fa capo Johnson&Johnson, ndr) e AstraZeneca che sono ancora un po’ indietro. Infine, un altro gradino più sotto, troviamo i vaccini con proteine ricombinanti di Sanofi e Novavax».
In sostanza entro i primi mesi del prossimo anno potremmo avere due vaccini, Pfizer e Moderna. Ma ci sono già dei segnali su come stanno andando le sperimentazioni per tutti gli altri?
«Sì e sono promettenti per tutti. Gli esiti della fase 1 e della fase 2, cioè i test su platee di volontari più ristrette, hanno dato buoni risultati. Anche le altre aziende farmaceutiche, quindi, sembrano seguire la stessa strada di Pfizer».
E le brutte notizie…
«Dobbiamo ancora studiare molte cose. Ce n’è una di fondamentale importanza: i vaccini prevengono l’esplosione della malattia, ma ancora non sappiamo se eviteranno l’infezione che si manifesta senza sintomi. In altri termini bisogna verificare se una persona, anche se vaccinata, possa ugualmente contrarre il virus e diffonderlo senza accorgersene, come avviene ora per i cosiddetti asintomatici. Inoltre non sappiamo quanto tempo durerà la copertura garantita dal vaccino: sei mesi, uno, due anni? Ancora: Pfizer ha condotto le sperimentazioni su una platea di volontari dai 18 anni in su. Dobbiamo capire se ci sono risposte diverse a seconda della fascia di età, in particolare tra le persone che hanno più di 65 anni. E infine dovremo studiare le possibili interferenze tra i diversi vaccini. Che cosa succede se un composto non funziona nello stesso modo per tutti? Le persone potranno assumerne un altro?».
Possiamo aggiungere un’altra domanda: quante persone si dovranno vaccinare in modo che si cominci ad arginare la pandemia?
«Servirà una vaccinazione di massa, altrimenti la barriera non funzionerà. Ho letto dei sondaggi preoccupanti negli Stati Uniti: solo circa il 50% degli interpellati si è detto pronto a farsi vaccinare. Non va bene: troppo poco».
Quale sarebbe la percentuale accettabile?
«Sicuramente molto più di queste soglie. Ma non voglio dare un numero, perché anche su questo ci sono studi in corso. Per bloccare il morbillo, giusto per fare un esempio, occorre una quota di vaccinati del 95%. E anche il Covid si trasmette con facilità».
State osservando effetti collaterali pesanti?
«Finora niente di preoccupante. A volte un po’ di febbre e di malessere temporanei. Sintomi normali quando un vaccino stimola una forte risposta immunitaria».
A questo punto che previsioni può fare?
«Il prossimo anno, naturalmente, sarà decisivo. Se i risultati finali delle sperimentazioni saranno coerenti con i segnali che abbiamo adesso, potremo tornare a una sembianza di normalità verso la fine del 2021. Nel frattempo potremo contare su cure sempre più efficaci, senza però allentare le misure di precauzione: mascherina e distanziamento sociale».